Casasempreaperta
A cura di Lucrezia Caliani e Azzurra Serapide
Casasempreaperta è una mostra che intende indagare la geografia emotiva e mentale dell’abitare: un attraversamento in cui l’idea di casa si sfalda, si ricompone e si reinventa, assumendo forme sempre nuove. Non un luogo unico e definito, ma un paesaggio composto da spazi interiori ed esteriori, fisici e simbolici, dove si sedimentano memorie e radici insieme a conflitti, sogni e assenze.
La mostra rappresenta un atlante di diverse visioni: luoghi in cui le mura possono essere rifugio o prigione, in cui il ritorno è talvolta desiderio e talvolta ferita, e dove l’altrove si trasforma in una nuova dimora. La casa come primo approdo, grembo originario da cui ci si è allontanati e a cui, a volte, si ritorna per ritrovare parti di sé; un luogo segnato dal tempo, dove ogni oggetto custodisce una storia e una memoria.
In alcune opere può assumere la forma di un rifugio silenzioso, che non chiede nulla se non di essere abitato, proteggendo dal frastuono del mondo; in altre si trasforma in soglia, confine che separa e unisce, ponte tra l’interno intimo e conosciuto e l’esterno aperto alla scoperta. In altri lavori la casa è un paesaggio interiore, abitabile a occhi chiusi, fatto di volti, voci e gesti condivisi; altre volte è un orizzonte nomade, leggero e provvisorio, dimora di viaggiatori e migranti.
Alcune altre opere ci conducono al concetto di casa come un “luogo dell’inconscio”, un campo in cui convivono e si scontrano desiderio e paura, accoglienza e prigionia. La casa è così teatro della tensione profonda tra il bisogno di appartenenza e la volontà di liberazione, uno spazio psicologico dove si intrecciano la sicurezza della radice e il richiamo dell’oltre, un luogo tanto familiare quanto inquietante (Vidler, 1992)[1].
Ma ci sono anche case che migrano insieme alle famiglie, mutando con la storia e portando con sé tracce di amore e conflitto, radicamento e sradicamento. La casa è il punto da cui si parte e a cui si ritorna trasformati, il luogo di ritorni rituali e di richiami identitari feriti; può essere ancestrale e spirituale, spazio di crescita, ma anche scenario dell’impossibile ritorno, quando ciò che era familiare appare improvvisamente estraneo e ci si chiede se a cambiare sia stato il paesaggio o noi stessi.
A questo proposito, le parole di Gaston Bachelard ci aiutano a cogliere un’altra dimensione: egli definisce la casa come “il primo mondo”, la prima immagine del mondo per ogni individuo, che contiene e plasma le memorie più intime. Non solo uno spazio fisico ma un universo di sensazioni, protezione e calore, dove la nostra immaginazione trova nutrimento e si sviluppa. La casa diventa così un luogo poetico, un rifugio interiore che si intreccia con le emozioni più profonde e le potenzialità creative dell’individuo[2].
Infine casa può coincidere con il proprio corpo: architettura mobile e fragile, tana e monumento temporaneo, crisalide e dimora di metamorfosi, specchio dell’identità di chi lo abita, rifugio sacro o spazio di apparizione. Talvolta, lasciarla è un rito di liberazione, un atto purificatore per svincolarsi da una dimora ferita e costruire un’identità fluida. Altre volte è adattamento, terreno di incontro e conflitto culturale, luogo in cui isolamento e apertura convivono, spazio di trasformazione e di convivenza. È anche archivio di frammenti marginali, custode di ciò che la memoria decide di salvare.
La casa può essere una contraddizione: luogo di accoglienza e protezione, ma anche spazio da cui sentiamo il bisogno di allontanarci. È il posto che ci forma e, a volte, ci imprigiona. È la malinconia di separarsi da un luogo e da una parte di noi, quella parte che resta lì dov’è nata.
Nella coralità di Casasempreaperta, la casa è radice e deriva, corpo e paesaggio, rifugio e soglia. È un’architettura dell’immaginazione, aperta e in continuo mutamento, capace di accogliere e respingere, conservare e reinventare. Ogni stanza è un frammento di questo spazio polifonico: attraversandolo, il visitatore percorre le case degli altri e, in qualche angolo, forse riconosce la propria.
[1] Lo storico dell’architettura e teorico, Vidler ha approfondito il rapporto tra architettura e psiche, evidenziando come gli spazi abitativi siano luoghi dell’inconscio dove si manifestano tensioni tra desiderio e paura, accoglienza e oppressione. Nel suo libro The Architectural Uncanny (1992), esplora il concetto di “uncanny” (perturbante) applicato agli spazi architettonici, con particolare attenzione alla casa come simbolo di questa ambivalenza.
[2] Ne La Poétique de l’Espace (1958) il filosofo francese Bachelard analizza poeticamente la dimensione psicologica e immaginativa degli spazi domestici. La casa è per lui “il primo mondo”, un luogo fondamentale che custodisce le memorie più intime e alimenta la fantasia, fungendo da rifugio sia materiale che immaginario.
Casasempreaperta
Complesso Monumentale del San Giovanni, Catanzaro
20-30 Agosto 2025

Si ringraziano ……..
Lucrezia Caliani
La sua ricerca si occupa di studi visuali e testuali con una visione critica di parallasse e con particolare attenzione ai sistemi di produzione artistica legati alla tematica dei corpi, delle identità, dell’ambiente e delle sottoculture. Attualmente lavora come indipendent curator per il progetto per la ricerca e la curatela nelle arti contemporanee Osservatoriomaree, per mostre e cataloghi. Scrive inoltre per alcune riviste come Cultweek e per la rubrica Arte&Mostre della rivista FUL Magazine per cui ha collaborato anche alla pubblicazione di Firenze Street Art, la prima monografia dedicata alla street art fiorentina. Il suo lavoro di curatela si concentra su varie discipline delle arti contemporanee e pratiche del settore artistico, in particolare di quello sperimentale e indipendente, con un’attenzione particolare all’ecologia della percezione tramite il linguaggio artistico.
Azzurra Serapide
Factory+

Complesso Monumentale del San Giovanni Catanzaro
con il sostegno di Factory+ e del Comune di Catanzaro