Astrarre è ricordare: la memoria come dispositivo formale

Ricordare significa riportare in vita. Quando ricordiamo, ridiamo forma a realtà sopite che giacevano nell’inconscio. Esperienze, immagini, volti, odori, parole: tutto ciò che è stato vissuto si deposita nella memoria, stratificandosi nel tempo. Queste memorie non restano immobili: interagiscono, si riformano, si sovrascrivono. Agiscono silenziosamente, influenzano il nostro sguardo sul mondo, pur rimanendo spesso invisibili. Sono il sottosuolo della nostra coscienza: ciò che orienta le nostre azioni, ciò che plasma la nostra quotidianità.

Rappresentare significa in primo luogo ricordare. Che si tratti di una pittura realista o astratta, c’è sempre una frazione di tempo tra il vedere e il dipingere: ciò che si rappresenta non è mai l’oggetto, ma la sua immagine mentale. L’astrazione, in particolare, non tenta di descrivere il visibile, ma di rendere visibile l’inaccessibile: quelle memorie che non hanno forma riconoscibile, che non possiedono un referente sensoriale diretto.

In questo senso, l’astrazione non è semplificazione, ma trasformazione. Smontando la realtà la pittura astratta crea un vuoto fertile, una soglia: è lì che l’inconscio può far emergere ciò che non si lascia dire. Sulla superficie pittorica possono agire tutte le forme della memoria (visiva, tattile, emotiva, collettiva), ma in forme mutate. Un evento può diventare una macchia. Un volto, una tensione cromatica. Un odore, una vibrazione materica.

Attraverso la pittura astratta, la memoria non viene rappresentata narrativamente ma tradotta in un luogo emotivo. L’astrazione consente di dare espressione a ciò che è indicibile, non per mancanza di parole, ma perché intraducibile per la mente razionale. Questo vale anche per la pittura più figurativa, ma in quel caso la volontà di rappresentare empiricamente diventa un limite. Traducendo la memoria in struttura, l’astrazione crea un luogo di pura libertà.

Dal momento in cui si astrae si destruttura la realtà creando spazio per interpretazione e creazione. La pittura astratta crea un sistema intuitivo ed emotivo, in cui la memoria viene tradotta in immagine attraverso mezzi non razionali ma interiori.

La memoria è quindi il substrato dal quale poter pescare i significanti del linguaggio astratto. Quando si astrae, si destruttura la realtà e si apre uno spazio di interpretazione. Si attiva un sistema intuitivo ed emotivo, dove la pittura media e traduce la memoria in immagine, senza doverla rappresentare. In questo processo, la memoria diventa un bacino da cui emergono i significanti dell’immagine astratta: colori, forme, tensioni compositive che non hanno corrispettivi nella realtà, ma che ne custodiscono il riflesso interiore.

Esiste un rapporto tra memoria e creazione, dove la prima nutre la seconda, che a sua volta accoglie e rivivifica la prima. Il tempo è l’agente che permette questo passaggio: separa l’esperienza dalla sua origine e rendendola ricordo la trasforma, la contamina, la significa, creando lo scarto fra l’osservazione e l’opera.

L’opera astratta è figlia di due movimenti: uno di evocazione, il gesto spontaneo, puro, in cui l’inconscio agisce direttamente sulla superficie – e uno di rifinitura, modifica, cancellazione, in cui il conscio entra in relazione con l’espressività inconscia, simbolicamente elaborandola e integrandola. In questo senso, l’opera astratta può diventare metafora del processo di individuazione junghiano: il conscio integra l’inconscio, per restituire una visione attuale e complessa.

Un’immagine nata in questo modo possiede una forza universale, perché esprime la verità del soggetto nella sua forma più arcaica. Non cerca di spiegare né di affascinare. È espressione pura, e proprio per questo comunica ciò che non si può descrivere, ma solo sentire. Quando un segno così intimo viene offerto allo sguardo collettivo, può emozionare o lasciare indifferenti. Perché la realtà raffigurata è solo un pretesto: il contenuto vero si genera nello scarto tra realtà e immagine. Un’opera astratta è tanto più forte quanto più è spontanea. Più è spontanea, meno è razionale. E meno è razionale, più è universale. Quando riesce, attiva nello spettatore una memoria archetipica, una sorgente emotiva che si rinnova costantemente. Non invecchia, perché non si lega a significati contingenti, ma parla da una profondità condivisa: quella che appartiene a ogni essere umano.

volo notturno su roma 160x110cm 2023
Marco Crispano, 2023. Volo notturno su Roma

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