Genius loci alla deriva. Capitolo Due

Il giorno in cui la Madonna emigrò​

Qualcuno una volta mi ha detto che l’animo dei Calabresi è emigrante, ma non perduto. Coloro i quali partirono per il Brasile ed altri paesi Sud Americani nel diciannovesimo e ventesimo secolo, non avevano un chiaro Nord in mente, ma custodivano decisamente un Sud — quello italiano. Provarono a replicare la tradizione spirituale e materiale dei loro paesi d’origine in un contesto totalmente nuovo e differente. A cominciare dai rifugi costruiti per i loro santi e patroni: chiese,  altari, icone.

São Paulo, Brasile

INT. – CHIESA DI ACHIROPITA – POMERIGGIO

Personaggi: io che entro e mi siedo nella chiesa d’Achiropita, nel quartiere di Bixiga per la prima volta. | Suono diegetico: persone che mormorano cori cattolici, il prete che canta.

SLUG LINE 

(una che stabilisce l’ambientazione di una scena)

É da così tanto che non mi siedo in una chiesa,  che sono ora stupita dalla quantità di dettagli con il quale è riempito questo luogo. Mi nascondo dietro ad una colonna, di fianco alla navata, cercando riparo dal peso metafisico di questo luogo. Accanto a me, una coppia giocherella con dei libretti del coro; indossano rispettivamente due magliette personalizzate alla buona, con una finitura che ricorda quella di AliExpress. Sulla maglietta di uno, il cuore di Cristo è un render 3D che sanguina sopra una scritta luccicante che urla amore profondo per il Signore. L’altra, invece, è disegnata come una maglia da calcio, ma quando leggo la scritta, mi accorgo che dice Achiropita Festival 2021 sotto una silhouette in bianco e nero di Gesù in stile pop-star, incollata su una bandiera italiana svolazzante e semi-trasparente. Mi guardo intorno, smarrita, chiedendomi se qualcuno qui attorno sia un parente lontano.

A prima vista, questo interno è uno spazio ibrido, d’intrattenimento e confusione. Mentre la folla si accomoda tra i banchi, alcuni dei tunicati bianchi iniziano a canticchiare dei canti, e la messa ha inizio. Il prete dimentica alcune parti dei testi, ricevendo sguardi severi dagli entusiasti della prima fila. Lui non se ne cura, sogghigna. Sembra più in sintonia con la musica traboccante che arriva dal boteco¹ proprio di fronte alla strada. Lì è solo un altro sabato qualunque in Brasile, e la gente sta grigliando carne e si raduna numerosa attorno a una roda de samba

Questo è l’interno della Chiesa dell’Achiropita, dedicata a una Madonna venerata a Rossano Calabro, un paesino sulla costa tirrenica calabrese. Rossano Calabro conta circa 30.000 abitanti sulla carta, Dio solo sa quanti effettivamente presenti.

Questi pensieri emergono proprio all’interno della chiesa dell’Achiropita, una Madonna che è ampiamente venerata anche nel quartiere di Bixiga, appartenente al distretto di Bela Vista, nella regione centrale dell’enorme città di San Paolo, in Brasile. Solo questo quartiere conta circa 60.000 abitanti. E chissà quanti altri resi invisibili.

Per un europeo, sembra esserci nelle Americhe una tendenza a riprodurre alcuni originali — architettura, cibo, identità — in versioni più grandi, più accentuate. Forse è successo anche alla comunità sradicata di Rossano Calabro, accolta e poi duplicata nei numeri; o a questa stessa chiesa, assimilata, ripulita e personalizzata fino a diventare un culto della città di San Paolo. Ogni angolo del quartiere ora espone cartelloni pubblicitari pieni di nomi di sponsor del festival che si tiene ad agosto, facendo sembrare l’ingresso di questa strada quello di un parco divertimenti. Potrebbe essere successo lo stesso alla memoria collettiva di questo luogo, dove prima gli immigrati italiani, e poi i loro discendenti, si sono fatti largo tra le folle residenti per far sì che la propria voce, la propria cultura, i propri riti venissero preservati, riprodotti — e forse anche esagerati.

A San Paolo, abbattono tutto ciò che è vecchio per fare spazio al nuovo. Qui, nuovo significa migliore e più desiderabile, più grande e più vicino al cielo. L’aggettivo viene usato deliberatamente come sinonimo di progresso, e questo spiega il vortice continuo di costruzione e demolizione che esiste in questa città: una sorta di fagocitosi.

Pensando a voce alta (detriti della memoria altrui)

São Paulo, Brasile

EXT. – NEI DINTORNI DI RUA 13 DE MAIO – POMERIGGIO

Personaggi: una straniera me ventisettenne cammina nel quartiere di Bixiga, São Paulo, osservando le vecchie facciate e  i dettagli ricorrenti per strada. | Suono diegetico: il rumore dei cantieri circostanti.

É novembre 2024 e cammino su e giú per le strade di Bixiga cercando tracce della comunità dei miei antenati. Numerose case hanno un’aria italiana, riconoscibile per le caratteristiche chiavi di volta. Alte al massimo due piani, hanno una parvenza decadente. Eppure, le loro entrate sono protette da tunnel di reti metalliche per impedire che qualcuno vi faccia irruzione. Sul marciapiede, blocchi di cemento colorato si alternano a lampioni su cui cavi neri si arrampicano come edera di gomma. La loro architettura sembra suggerire un passato incontro culturale con ‘altri’.

Appesi tra gli isolati, i voluminosi alveari di cavi sembrano rappresentare le complesse relazioni che tengono insieme le comunità storicamente residenti in questo luogo. Democraticamente, interferiscono con le case senza tetto, le ville dei quartieri alti, gli ingressi dei terreiros³ e i numerosi garage in cui molti hanno inventato attività informali per sbarcare il lunario. Proprio le porte attirano la mia attenzione: si tratta per lo più di negozi di prodotti italiani e cantinas che sfoggiano con orgoglio il Tricolore nell’arredamento e nel design, mentre discutibili nomi sui loro menù sono decorati da un tripudio di bandiere e cliché da cartolina della bisnonna patria. La loro presenza non mi sorprende, ma ciò che davvero mi colpisce è la costante presenza di tornelli e vigilanti all’ingresso.

Che tipo di comunità è quella in cui servono dei tornelli per entrare in un mini-market? La vecchia comunità di lavoratori italiani a Bixiga sembra ormai esistere solo nella mercificazione della propria memoria nazionale.

Alcuni cavi sono tranciati, penzolano pericolosamente nell’aria all’altezza degli occhi, esposti alle intemperie e incombendo sui passanti. Comincio a immaginarli come gomitoli di storie interrotte che non posso vedere, ma che si possono intuire. Proprio come i fili elettrici, queste storie sono difficili da dipanare. Il Comune dice che presto li smantellerà; spero solo che l’operazione di rimozione non includa anche le persone che vivono qui da generazioni.

Cut.

Incapsulato accanto alla frenetica Avenida centrale di San Paolo, il quartiere — con la sua scala e il suo ritmo differenti — è una specie in via d’estinzione nella giungla di cemento che lo circonda. Qui intorno, le sue strade sembrano essere l’ultima risorsa gratuita a cui si possa accedere senza chiavi, biglietti o documenti. Alcuni lo considerano pericoloso, altri lo giudicano povero, c’è chi ama tuffarsi nella sua atmosfera bohémien per una notte soltanto, per poi tornare a dormire nel tranquillo abbraccio dei cancelli alti. Il genius loci della città sembra essersi reincarnato — o forse de-carnato, se posso inventare un termine — in un sistema di sorveglianza. Un regno in cui la casa non è più custodita da uno spirito protettore, ma da qualcosa che somiglia piuttosto a un software onniveggente.

EST. – I GRADINI ALL’INGRESSO DELLA CHIESA – SERA

Personaggi: io seduta all’ingresso della chiesa. | Suono diegetico: la messa che comincia all’interno si sovrappone al suono ipnotico della samba e delle persone che si raggruppano fuori dai bar vicino. ; Suono non-diegetico: i miei pensieri che vengono vocalizzati mentre scribacchio. 

Sono seduta qui, al confine tra due mondi che non so nominare, cercando il mio taccuino per annotare qualche impressione. In questa scena c’è un agente di polizia in piedi accanto a me, all’ingresso della chiesa: trattiene uno sbadiglio nella sua postura rigida e guarda intorno esattamente come sto facendo io, ma con uno scopo diverso, o — a differenza mia, almeno — con uno scopo.

Sono seduta sui gradini della chiesa e credo che nessuno intorno a me sia italiano, a parte le piccole case decadenti in cui una persona media della classe media paulistana non vorrebbe vivere, per questioni di sicurezza. Eppure, a me attraggono. Le crepe nei muri, la vernice scolorita, l’accesso diretto dalla strada e il fatto che favoriscano ritrovi spontanei le rende accoglienti. Due donne appoggiate a un davanzale percepiscono il mio essere fuori luogo e sorridono. Ho persino la sensazione di aver già visto il cameriere che adesso sta in quell’angolo nascosto, in pausa sigaretta, fissando la facciata vuota di una casa appena demolita. Una targhetta nuova di zecca mi informa che una ditta edile costruirà un condominio al suo posto, uno di quelli che tengono le persone ben in alto, a distanza sufficiente dalla strada, dalla società informale, dal degrado degli altri — abbastanza da farle sentire al sicuro.

Osservando ciò che mi circonda, mi chiedo quante stratificazioni di sanificazione dell’altro siano necessarie per poter semplicemente esistere in pace, e sentirsi a casa. La targa del festival dell’Achiropita domina in una strada intitolata al 13 maggio, il giorno in cui il Brasile abolì finalmente la schiavitù, nel 1888. Questa strada è l’arteria pulsante di Bixiga, chiamata anche “piccola Africa” dagli abitanti più anziani, ma recentemente ribrandizzata con decorazioni esclusivamente italiane per apparire più bianca e appetibile ai turisti. È evidente che esistono bianchi poveri e neri poveri. Tuttavia, i primi hanno maggiori possibilità di migliorare il proprio status sociale, ed è probabilmente ciò che è accaduto alla mia famiglia e ad altri italo-meridionali che un tempo vivevano in questo quartiere e che poi sono “andati oltre i cancelli”. Non serve molta osservazione per capire che per la seconda categoria, la società ha crudelmente disegnato ciò che Saskia Sassen definisce un margine sistemico, espellendo le persone non bianche ai margini dei margini.⁵

Bixiga, per il suo tessuto sociale e il suo carattere, è una periferia situata nella regione centrale della capitale. Le casette che si trovano qui sono spesso cortiços, termine portoghese usato in Brasile per indicare zone di edilizia ad alta densità, dove si vive in condizioni precarie di igiene e servizi sanitari. Le case cortiço sono generalmente suddivise in piccole stanze, ciascuna affittata a una famiglia diversa. Si tratta per lo più di edifici antichi situati nei quartieri storici centrali, che nel caso di Bixiga coincidono con le costruzioni edificate dagli immigrati italiani all’inizio del XIX secolo. La generale mancanza di manutenzione fa crollare il valore di mercato di questi immobili, trasformandoli in soluzioni abitative più accessibili per le fasce a basso reddito, in gran parte persone nere e migranti provenienti dal Nordest del Paese.

Demolire una piccola casa, qui, può essere visto come una manovra politica ben ponderata. Significa zittire il diritto alla città non solo delle comunità afrodiscendenti, povere e migranti, ma anche di coloro che occupano case vuote in segno di sfida alla spietata speculazione immobiliare della zona. Attraverso la demolizione, le autorità compiono una seconda forma di cancellazione, oltre a quella architettonica: la cancellazione di una memoria collettiva legata a un luogo, quella delle persone che hanno contribuito a costruire l’identità del quartiere. Prestare attenzione a questi gruppi e alle loro narrazioni legate allo spazio che abitano, riconoscerne l’importanza per comprendere la storia della città, può essere interpretato — per come la vedo io — come una pratica Anarchivistica.

Quanto più a lungo mi abbandono all’osservazione spaziale di Bixiga, più diventa percepibile una linea invisibile che separa persone di diverse etnie e fasce di reddito. Qui, quella linea è ancora porosa rispetto ad altre zone della città, ma è silenziosamente sorvegliata. La strada diventa all’improvviso un luogo pieno di porte a cui non ho accesso.

Una bandiera brasiliana logora è stata attaccata malamente con del nastro adesivo a una vetrina vuota con un cartello IN VENDITA. C’è scritto Ordem e Progresso⁶, ma lo slogan non mi convince. Guardo l’orizzonte, intasato da immacolate torri falliche, e le parole iniziano a scivolare sulla carta, direttamente dalla testa.

«Casa è dove le telecamere mi sorvegliano dall’alto, con i loro nomi da persona che rendono la loro presenza più familiare;

dove il riconoscimento facciale è la mia chiave di casa e la lavatrice mi parla nel buio;

dove gran parte della giornata si consuma salendo in ascensore — che mi dà claustrofobia, ma che non posso evitare, perché accedere alle scale attiverebbe un allarme — sempre per la mia sicurezza, ovviamente;

dove posso lavorare in remoto tutto il giorno da un comodo appartamento all’ultimo piano, fare una pausa con un tuffo veloce nella piscina del terzo piano — dove non si può nuotare —, socializzare con lo smartphone nell’area multifunzionale dove posso anche agganciarmi al Wi-Fi per ordinare del cibo a domicilio, che dovrò andare a prendere attraversando 20 piani e 3 riconoscimenti facciali all’andata, e altri 20+3 al ritorno per mangiarlo. A meno che non lo faccia consegnare alla reception, dove gentili vigilanti lo prenderanno per me, così da evitarmi di piantare anche solo un piede per strada, la quale mi contaminerebbe l’anima con la sua spaventosa miseria. In quel caso, l’equazione sarà solo (20+2)x2 e il Progresso avrà mostrato i suoi meravigliosi benefici.

Il mondo là fuori è sporco e pericoloso, quindi meglio organizzare i miei bisogni in spazi diversi della stessa torre, dove i migliori architetti ce l’hanno messa tutta per minimizzare la mia interazione con la realtà — e anche i costi di produzione — dunque prendendosi cura di me a 360 gradi.»

Sto fumando una sigaretta sulla pristina terrazza della torre in cui è vietato fumare e cerco di nascondermi dal vigilante che passeggia, quando inizia a piovere forte, sempre più forte, finché a un tratto

TUTTO IL QUARTIERE VA IN BLACKOUT

Ciò che è nobile è illusorio.

INT. STANZA – QUALCHE NOTTE DOPO, QUANDO É TORNATA LA LUCE

Personaggi: Io che scrivo su una tastiera guardando lo schermo del portatile. | Suono diegetico: Tocco ritmico del  mio digitare che riempie lo spazio. Hip-hop brasiliano in sottofondo.

Nel XIX secolo, prima dell’espansione urbana, Bixiga era abitata dalla comunità nera di ex-schiavi fuggiti dalle piantagioni, che fondarono il Quilombo Saracura. A partire dagli anni Settanta dell’Ottocento, operai italiani cominciarono a stabilirsi nella regione e la concentrazione degli elementi culturali del loro Paese — come le cantinas, i teatri e le feste, tra cui quella della Madonna dell’Achiropita — tradizioni per cui il quartiere è tuttora conosciuto, ha progressivamente prodotto la cancellazione della presenza nera in questo luogo.

Penso alla storica scuola di samba⁷ del quartiere, sfrattata dalla sua sede e costretta a provare per strada, a causa dei lavori in corso per la nuova linea della metropolitana. Mi fermo un attimo per digerire l’idea che la mia comunità, storicamente relegata ai margini nel paese d’origine, un giorno ricevette un invito accuratamente pensato dalle istituzioni brasiliane, che la sedussero con promesse di ricchezza per emigrare verso il prospero “nuovo mondo”.

E all’improvviso le parole di Mano Brown riempiono l’atmosfera:

Negro e branco pobre se parecem, mas não são iguais.”

Note

¹

La parola “boteco” si riferisce a piccoli bar brasiliani specializzati alla vendita di snack fatti in casa e una varietà di bevande. Ancora oggi, I piccoli bar sono spesso a confusion familiare e giocano un importante ruolo nella vita sociale dei brasiliani.

² Tradotto come “ruota di samba”, in una tipica roda de samba si trovano piccoli gruppi di musicisti seduti in cerchio intorno ad un tavolo con il pubblico riunito attorno per guardare, ballare e cantare insieme.

³ Nel Candomblé e altre religioni di derivazione africana in Brasile, il terreiro è il luogo in cui il gruppo si riunisce per praticare i suoi riti.

 Un tipo di taverna diffusa in Italia che serve vino e pasti a prezzi accessibili.

Sassen, Saskia. At the systemic edge.” Cultural Dynamics, vol. 27, no. 1, 2015.

 Portoghese per Ordine e Progresso, appare scritto sulla bandiera nazionale del Brasile.

⁷ Genere di musica popolare di matrice Africana.

Racionais MCs. Racistas Otários.” Vaga Lume, www.vagalume.com.br/racionais-mcs/racistas-otarios.html. (accesso al sito 4-12-24)

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