I Wish I Wasn’t Afraid, and Yet I’m Terrified

Ho scelto l’argilla in uno stato liminale, quasi in via di disfacimento. È una materia primordiale, pronta a  ricevere il gesto e a trattenere la sua traccia. Non ho scritto, ho colpito. Non ho inciso, ho lasciato che la mia  mano affondasse, imprimendo parole e impronte in un’unica azione. Il mio intento non è decorativo, né  espressivo in senso romantico. È archetipico. Ciò che rimane sulla parete non è una calligrafia, ma una  memoria, simile alle pitture parietali del Neolitico, dove l’essere umano affermava la propria presenza  attraverso il contatto diretto con la materia del mondo. Così, la mia frase non è altro che un atto inscritto  nella materia stessa. Questa affermazione, apparentemente intima, non è una confessione: è un enunciato  primario, che trae forza dalla sua dimensione viscerale. La paura non è qui un ostacolo, ma un punto di  partenza. È l’emozione fondamentale che precede la riflessione, quella che unisce ogni essere vivente e,  proprio per la sua radicalità, può diventare uno strumento critico. Il gesto che la genera è semplice e insieme  fondamentale: immergere le mani nella terra e scrivere. I margini della frase si confondono con le sbavature  dell’argilla, i bordi sono incerti, come incerti sono i confini tra il dentro e il fuori, tra l’io e il mondo. È  un’interrogazione lanciata nello spazio, un atto simbolico che si colloca al crocevia tra linguaggio e materia,  tra istinto e pensiero. Il carattere arcaico del mezzo, un impasto di fango e acqua, richiama il bisogno di una  forma pre-linguistica di affermazione. Prima della grammatica, prima della narrazione, c’è la pressione della  mano sulla superficie. C’è il corpo che cerca, nel contatto, una legittimazione dell’esistenza. In questa  tensione tra fragilità e necessità, il mio lavoro si colloca nel sollevare una riflessione su ciò che chiamiamo  emozione, su come il linguaggio ne tradisca la complessità, e su come, talvolta, solo la materia, nelle sue  forme più umili e instabili, sappia farsi veicolo di una verità che non è soggettiva, ma condivisa.

Crediti
Courtesy the artist

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