- Alessandro Pagni
- Aprile 28, 2025
Musica, sangue e poesia: "L'organo di Barberia" di J. Prévert
Io suono il piano
uno diceva
E io il violino
l’altro diceva
Io l’arpa io il banjo
io il violoncello
io il flauto… io cornamusa…
io raganella…
Gli uni e gli altri parlavano parlavano
parlavano di quello che suonavano.
Non si sentiva musica
tutti quanti parlavano
più nessuno suonava
ma in un angolo un uomo stava zitto:
“E voi mio signore che strumento suonate
voi che state lì zitto e non parlate?”
“Io suono l’organo di Barberia
e me la cavo col coltello”
disse l’uomo che fino a quel momento non aveva fiatato
e poi si fece avanti con il coltello in mano
e ammazzò tutti i musicanti
e suonò l’organo di Barberia
e così vera musica era la sua
e così viva e bella
che la bambinetta del padrone di casa
uscì da sotto il piano
dove per noia giaceva addormentata
e disse:
“io giocavo col cerchio
a palla prigioniera
giocavo al mondo
giocavo col secchiello e la paletta
giocavo ai genitori
giocavo a nascondino
giocavo con la bambola
giocavo con l’ombrello
con il mio fratellino
con la mia sorellina
giocavo a guardia e ladro
ma adesso basta! Adesso basta!
Adesso voglio giocare all’assassino
adesso voglio suonare l’organo di Barberia.”
E l’uomo prese per mano la bambina
e andarono per case
per città per giardini
ammazzando tutta la gente che potevano ammazzare
dopodiché si sposarono
e fecero tanti bambini
senonché
il primo studiò piano
il secondo violino
il terzo arpa
il quarto raganella
il quinto violoncello
e poi cominciarono a parlare a parlare
la musica non si sentiva più
e tutto questo andò a ricominciare!
“Piano, violino, arpa, banjo”.
Con quattro strumenti musicali inizia il testo di Prévert, intervallati dal pronome di prima persona singolare, accanto al verbo “suono”.
Il verbo suonare, però, viene ripetuto per ben due volte, ma “non si udiva musica”, poiché tutti “parlavano di ciò che suonavano”.
Potremo fermarci qui, a “nessuno suonava”, per illustrare gli elementi base della poesia prevertiana:
-
la poetica dell’oggetto comune (piano, violino, arpa…),
-
la visuale cinematografica, da un oggetto all’altro, da un’immagine all’altra,
-
l’uso del linguaggio semplice, accessibile anche se liquidato come illetterato e sciocco.
Il verso successivo traduce la vera poetica prevertiana, in un angolo, dove un uomo taceva.
Ed è proprio quell’uomo l’innesco che aprirà l’accesso al testo.
Da lui nascerà vera musica.
Perché sono i muti, gli scarti della società i protagonisti della penna prevertiana, alla ricerca non di luci e proclami, non di chi ostenta presunzione o grandezza, ma di coloro che non parlano in prima persona, di chi suona attraverso fatti e oggetti.
Questa è la differenza tra l’alta società e gli ultimi:
i primi “parlavano, parlavano, parlavano”, gli altri “in un angolo tacevano”.
E alla domanda “Quale strumento suonate” si presenta al lettore il protagonista: il nostro Organo di Barberia.
Ma cos’è?
L’Organo di Barberia, in onore dell’inventore Giovanni Barbieri che lo elaborò nel 1702, è uno strumento musicale meccanico realizzato con una serie di canne, un soffietto e da un cilindro con sporgenze che corrispondono a precise note in base alla loro posizione.
Nato alla corte del Re Sole, Luigi XIV, diffondendosi in tutta la Francia, finirà per le strade e le piazze di tutta Europa come oggetto d’uso popolare, di coloro che vivono in un angolo.
Dal sangue dei musicisti nascerà l’arte, “così genuina, così viva e così graziosa” e da quel sacrificio verrà attratta “la figlioletta del padrone di casa”:
il sangue che in natura richiama i predatori qui si manifesta in melodie che invocano l’innocenza di una bambina, addormentata sotto il pianoforte, che, non a caso, aveva aperto il testo.
La bambina si era addormentata per noia, così Prévert legittima la morte, non degli uomini, ma dei musicisti come maschere sociali ed ogni forma di arroganza o presunzione.
Questo vuole uccidere:
che si dia spazio alla musica, al suono, al canto, non a parole dette, a vani discorsi.
E il discorso della bambina è uno spartito di parole recitate, una filastrocca, scandita dal ritmico “Giocavo” a inizio verso.
“Giocavo” passato che declinerà nel presente “io voglio giocare all’assassino e suonare l’organo di Barberia”.
Giocare e suonare diverranno un unico imperativo, l’unico desiderio che soltanto l’artista dell’organo di Barberia saprà decifrare:
essere libera di divertirsi, suonare.
Dal desiderio nascerà un nuovo amore, libero di esprimersi, libero di agire, di uccidere ancora.
Sarà sempre dall’orrore che “ebbero molti bambini”, nuove vite che riapriranno il sipario poiché
“il primo imparò a suonare il piano,
il secondo il violino,
il terzo l’arpa,
il quarto la raganella,
il quinto il violoncello”,
preannunciando un futuro macchiato di sangue e musica, alla ricerca dell’espressione.
Prévert, autore limitato a mero romanticismo da usare in situazioni sentimentali o all’occorrenza come semplice lettura da sotto l’ombrellone, ci dimostra quanto sia essenziale lottare per le nostre libertà, ieri come oggi, in un paese dove manifestare il proprio entusiasmo per la Liberazione Nazionale deve essere sobrio, quasi muto.
Allora cantiamo e suoniamo!
Certo, l’omicidio è un reato e come tale deve essere condannato, ma se l’omicidio verte su imposizioni sociali che minano libertà e arte, esso diventa il dovere di ogni cittadino.

Bibliografia
¹ Per consultare i dati, le statistiche e le previsioni si guardi SVIMEZ al link https://www.svimez.it/il-sud-si-sta-spopolando-oltre-un-milione-in-fuga-negli-ultimi-20-anni/ e al capitolo 4 del Rapporto SVIMEZ 2024 “Dinamiche demografiche e diritti”
² Jovine, ‘O Zulù, Napulitan, dall’album Sei, 2012
³ Termine utilizzato da Vito Teti, La restanza, Einaudi, 2022
⁴ “la questione meridionale non è finita e neanche la nostra diaspora” è la frase dipinta sulla spirale dell’azione
⁵ Lett. “speaking nearby”, espressione utilizzata dalla regista Trinh T. Minh-ha in riferimento alla possibilità di non parlare per terzi ma di affiancare la propria esperienza a quella altrui
⁶ Louisa Yousfi, Restare barbari, Derive Approdi, 2023

Nato a Prato il 27 marzo del 2001, diplomato al Liceo Statale Cicognini-Rodari. Ha pubblicato con Laura Capone Editore la silloge poetica “Il Viaggio” ( LCE, 2021). Apparso in riviste letterarie del territorio, come “La Toscana Nuova” (dicembre 2021 e marzo 2022), “Inchiostro” (numero 89), “Euterpe” (numero 34), “Kairos” (gennaio, aprile 2025). Attualmente è studente alla Facoltà di Lettere Moderne di Firenze.
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