Un paese ci vuole

Conversazione con LaboArt

LaboArt Teatro non è solo una compagnia o un'associazione culturale, è un motore di cambiamento per Tropea e l'intera provincia di Vibo Valentia. Abbiamo avuto il piacere di conversare con Francesco Carchidi e Maria Grazia Teramo, quest’ultima fondatrice dell’associazione. Osservatoriomaree, in questo articolo, cerca di comprendere come il teatro possa trasformare le vite, creare comunità e resistere in contesti spesso difficili.

Iniziamo dalle origini: ci raccontate chi siete e com’è nata l’esperienza di LaboArt a Tropea? Quali bisogni culturali, sociali o personali vi hanno spinto ad avviare questo percorso e in che modo si è trasformato nel tempo?

L’esperienza di LaboArt affonda le radici nella storia personale di Maria Grazia: “nasce da un mio ascolto del territorio” ci spiega. Maria Grazia ha frequentato l’Accademia d’Arte Drammatica dove  ha subìto  tantissimo il concetto di competizione, mentre per lei il teatro era un mezzo per stare bene con se stessa e con gli altri.

Durante l’Accademia, prende coscienza di essere una delle poche senza una precedente esperienza teatrale, a differenza dei suoi colleghi. La mancanza di teatri e di una vera cultura teatrale nella provincia di Vibo Valentia la colpisce profondamente, soprattutto ripensando a sua cugina, Manuela Pugliese, figura fondamentale per Maria Grazia che comincia a fare teatro seguendo le sue orme. Manuela scompare nel 2010, a pochi mesi dalla fondazione di LaboArt: ogni anno LaboArt le dedica  una borsa di studio che consente ai vincitori di seguire gratuitamente per un anno i percorsi formativi di LaboArt. Per Maria Grazia un altro momento cruciale è stata la perdita di suo fratello Benito nel 1999: il teatro diventa per lei una via per incanalare il dolore e trasformarlo in energia positiva. Questa consapevolezza la spinge a tornare a Tropea con un’idea chiara: creare “un luogo di aggregazione attraverso la cultura”, uno spazio dove le persone, specialmente i giovani, possano esprimersi “senza giudizio.”

L’inizio è stato un percorso abbastanza faticoso. LaboArt, che ha da poco compiuto quindici anni, è nato quando Maria Grazia ha notato un cartello “vendesi” su uno spazio appartenente a un’amica, Maria Macrì, segretaria dell’associazione dal 2010 al 2017. Colpita dalla situazione, ha chiesto informazioni e ha appreso che effettivamente lo spazio era in vendita. È stato in quel momento che ha cominciato a prendere forma l’idea di avviare qualcosa di nuovo, dando così inizio all’avventura di LaboArt. Nel tempo, LaboArt si trasforma progressivamente. Inizialmente concepito come un caffè letterario e un centro sociale con diverse attività (canto, chitarra, pianoforte, yoga ecc.), LaboArt si adatta alle esigenze del territorio, che manca di molteplici opportunità culturali. L’associazione diventa così un punto di riferimento per la cultura locale, evolvendo per rispondere in modo sempre più mirato ai bisogni specifici della comunità.


Il titolo di questa conversazione prende spunto da una riflessione di Cesare Pavese: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli. Sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.” Cosa significano per voi queste parole? Che rapporto avete con il vostro territorio, e in che modo il vostro lavoro cerca di coltivarlo, narrarlo, trasformarlo? Quali sono le principali sfide che affrontate quotidianamente come realtà culturale attiva in Calabria?

È bello perché rispecchia il concetto di comunità e di resistenza” afferma Francesco, “vivere e operare a Tropea, in un raggio di 60 km dove non ci sono teatri attivi, significa affrontare la mancanza di stimoli mentali e intellettuali, dato che l’arte ha bisogno di scambi.” Questa situazione rende la resistenza culturale una sfida quotidiana, sia a livello logistico che economico e relazionale.

La vera svolta, tuttavia, arriva con la collaborazione con le scuole, inconsapevolmente, LaboArt inizia ad attrarre anche ragazzi con disagi mentali e/o disagi sociali. L’associazione diventa la sede degli ultimi che non riescono ad inserirsi pienamente nella comunità, ma che proprio attraverso l’arte diventano protagonisti.

Il lavoro di LaboArt è anche un tentativo di sopperire alle carenze di una città come Tropea, che, sebbene viva di turismo, manca di spazi culturali profondi. “Ancora oggi stiamo lottando, siamo sempre in salita” , ammette Maria Grazia, definendosi, insieme a Francesco, dei “missionari.” Il loro approccio si basa su un ascolto sottile con il territorio e sulla creazione di spazi dove conta l’esperienza, non solo una visita superficiale. Credono che l’arte possa trasformare, cogliendo i segnali del presente per fare un teatro terapeutico, sociale, un teatro di comunità, e soprattutto un teatro di verità, dove le urgenze emotive sono quelle dei ragazzi. Come diceva uno dei maestri di Maria Grazia, “se il teatro non nasce da un’esigenza crolla”.

Nonostante le difficoltà, Francesco e Maria Grazia riescono a ottenere fondi da progetti con le scuole e con il carcere che gli consentono di sostenere la loro attività associativa. Questa “opera missionaria” è spesso dura, poiché non c’è uno stipendio fisso garantito.

Teatro d’aMare è giunto alla sua nona edizione e si è consolidato come evento significativo, capace di attrarre pubblico locale, nazionale e internazionale. Com’è nato il festival e come si è evoluta la sua visione artistica nel tempo? Cosa vi ha spinto ad aprirvi dalla scena calabrese a una programmazione più ampia e sperimentale?

Teatro d’Amare mira a portare spettacoli di respiro più ampio a Tropea e a valorizzare la città come centro culturale. L’iniziativa nasce dal desiderio di Maria Grazia di ospitare artisti con la sua stessa sensibilità nella sua terra. L’ambizione va oltre l’ospitalità di spettacoli, puntando a creare delle residenze e far nascere rappresentazioni e produzioni teatrali pensate per il proprio territorio e per la comunità.

La prima edizione si è  tenuta a Torre Marrana, un luogo suggestivo della costa degli Dei, su richiesta di alcuni ragazzi del posto che volevano riqualificare l’area. Successivamente, il festival si è spostato a Tropea e inizialmente la programmazione si concentrava sulla nuova drammaturgia calabrese.

L’interruzione dovuta al Covid-19 segna un’ulteriore evoluzione. “Ci ha fatto capire che un evento del genere avrebbe avuto un impatto ancora maggiore sulla  comunità evolvendosi da rassegna  teatrale a festival”, spiega Francesco. Dal 2022, Teatro d’Amare diventa un festival a tema, svolgendosi in 3-4 giorni consecutivi. I temi affrontati sono stati: “L’assenza dei padri” (2022), “La casa” (2023), e “L’apporto femminile alla creazione” (2024), quest’ultimo nato dalla consapevolezza della disparità di genere nel mondo teatrale italiano.

La nona edizione, nel 2025, avrà come tema centrale “Le arti come mezzo d’inclusione,” focalizzandosi sul teatro di comunità e inclusivo. Vengono invitate compagnie che lavorano con persone con disagi, in carcere o che hanno contribuito a riqualificare quartieri difficili attraverso l’arte. L’obiettivo è fare un focus su come l’arte performativa, l’arte in generale può trasformare la destinazione d’uso di alcuni posti, contrastando la mercificazione turistica e promuovendo “una nuova primavera culturale.” Le date previste sono 11, 12 e 13 Settembre, e tra gli ospiti ci sarà Silvia Vladimivsky, coreografa argentina ex docente di teatro-danza di Maria Grazia che condurrà un laboratorio intitolato “La danza dell’anima” per la trasformazione interiore.

C’è un’edizione, uno spettacolo o un momento in particolare che per voi ha segnato un prima e un dopo? Qualcosa che vi ha dato la conferma che questo lavoro ha un senso e che vale la pena continuarlo?

Ci sono molti momenti significativi. Una delle conferme più forti del valore di questo percorso arriva dalle persone stesse. Tra questi momenti, i continui messaggi che giungono dagli ex-alunni che sono andati a formarsi fuori dalla Calabria. Il più recente è stato il messaggio di Silvia Ventrice, che per anni ha frequentato l’associazione e che oggi è diventata una donna. Silvia ha ricordato con affetto il suo primo esito di fine anno, risalente a quattordici anni fa, condividendo con Maria Grazia un pensiero carico di gratitudine. Molti altri ex partecipanti e ex allievi che oggi vivono lontano, continuano a mantenere un legame affettivo con LaboArt, dimostrando che quei semi piantati nel tempo stanno davvero dando i loro frutti. Sono gesti come questi che danno la forza di andare avanti in un percorso fatto di enormi difficoltà, confermando che il lavoro svolto ha un senso profondo e duraturo.

Collaborare, creare reti, costruire alleanze: quanto è importante per voi l’idea di comunità — artistica, territoriale, politica — nel portare avanti un progetto culturale come il vostro? Che tipo di collaborazioni cercate oggi e quali sognate per il futuro?

“Fare rete è qualcosa che esula pure dal luogo in cui ti trovi”, sottolinea Francesco. Per LaboArt, questo significa costruire legami con le compagnie che partecipano a Teatro d’aMare, ma anche supportare gli artisti emergenti locali tramite “Zona di Contagio”, una rassegna invernale che offre loro una vetrina.

LaboArt collabora con associazioni come AICEM Calabria (un’associazione che si occupa di progettazione europea e diritti umani), con cui ha sviluppato un progetto sulla salute mentale intitolato “Shaping Minds and Changing Lives.” Questo progetto ha permesso loro di dare un nome a tante cose che già facevamo in maniera inconsapevole riguardo al potere trasformativo del teatro sulla salute mentale. LaboArt è sempre disponibile a collaborare con chiunque condivida una visione autentica della cultura, anche se ciò significa utilizzare  tempo extra.  L’obiettivo di Maria Grazia e Francesco è creare tessuto culturale e sociale sulla zona che permetta a tutti di crescere  armoniosamente e contemporaneamente.

Il sogno per il futuro è ambizioso: creare uno spazio nel centro di Tropea,” affinché gli emarginati non stiano in luoghi emarginati, ma che vengano messi al centro della comunità”. Desiderano che questo spazio diventi una speranza non solo per Tropea… ma anche per tutta la provincia di Vibo. Immaginano un “hub culturale” dove non solo si faccia teatro, ma dove si possano creare momenti di ascolto e di scambio e dove l’arte e tutte le strade dell’arte possano fiorire. È un sogno che stanno attivamente perseguendo con la speranza che si realizzi.

Se doveste raccontare l’anima di LaboArt in una sola immagine, una parola o una scena teatrale, quale sarebbe? Un modo per far intuire, anche a chi non vi conosce, il cuore del vostro lavoro.

L’anima di LaboArt può essere racchiusa in un aneddoto recente e potente, quello dei ragazzi del carcere. Il giorno dello spettacolo teatrale i detenuti stavano provando da soli in religioso silenzio e uno di loro ha detto: “mi batti u cori chiù forti mo di quandu mi ‘ntapparu vint’anni.” (Mi batte il cuore più forte di quando mi hanno condannato a vent’anni). Questa frase, che fa emergere un’ emozione forte, viene da chi ha vissuto un’esperienza di emarginazione racchiude l’essenza di LaboArt: la capacità di generare vita e verità attraverso il teatro, di dare voce a chi è ai margini, facendolo sentire parte integrante di una comunità.

Scopri di più

LaboArt Tropea è un’associazione nata nel 2010 che opera in ambito culturale e sociale. Il suo principale scopo è promuovere la cultura in tutte le sue forme, organizzando corsi di formazione a lungo termine ed eventi culturali di ogni tipo (spettacoli teatrali, mostre, concerti, proiezioni, convegni, presentazioni di libri ecc.) tesi ad incrementare l’offerta culturale nel territorio tropeano, durante tutto il corso dell’anno. Attraverso tutte le discipline artistiche che promuove e porta avanti, LaboArt ha attirato l’attenzione degli under 25 e degli utenti con disabilità, che hanno trovato nei corsi e negli eventi (organizzati prevalentemente nel periodo di bassa stagione) un valido completamento dell’offerta formativa a disposizione dei cittadini del territorio e non solo.

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